7° capitolo – L’integrazione… La mia..

Arrivati in Italia, l’integrazione per noi profughi italiani della Tunisia non è stata certamente facile, prima scoglio al Campo di Bari dove venivamo guardati male dai locali perchè prima di noi quello stesso Centro aveva ospitato profughi italiani provenienti da un altra parte del mondo e questi non si erano comportati certamente bene, erano accaduti fatti abbastanza gravi tra le due comunità tante volte andate a finire in risse, c’era quella diffidenza nei nostri confronti che complicava di più la situazione già tanto tesa.

Dopo alcuni mesi quelle stesse persone hanno capito che eravamo diversi dai nostri predecessori, venivamo da un paese che malgrado si trovasse in Africa era protettorato francese, avevamo una certa cultura a tutti i livelli oltre all’educazione, al rapporto fra le persone, addirittura nel tempo nacquero delle relazioni fra i nostri giovani che portarono al matrimonio fra tanti di loro. In fondo eravamo tutti italiani.

Quando ci siamo trasferiti nella città dove abbiamo deciso di costruirci il nostro futuro, abbiamo dovuto nuovamente affrontare il problema per l’ennesima volta, il primo impatto non è stato facile malgrado questa fosse ritenuta la regione più ospitale del paese, l’Emilia- Romagna.

Eravamo nei primi anni sessanta ed era il periodo del boom economico vi erano intere famiglie del sud che si trasferivano qui al nord per motivi di lavoro e già questi venivano guardati a volte anche con disprezzo, figuriamoci noi che provenivamo dall’Africa eravamo stati tutti bollati “marocchini” e io continuavo a spiegare agli stessi che noi eravamo italiani, i veri marocchini erano stranieri e se un giorno avessero conosciuto quelli avrebbero capito la differenza, ma tante volte tutto questo era dovuto ad una pura ignoranza, lo dimostra il fatto che è capitato tante volte sentirsi chiedere vista la nostra provenienza, se in quel paese vi erano i leoni, gli elefanti, se i nostri parenti erano tutti bianchi questo dimostra il grado di intelligenza oltre che di studio che avevano alcuni di queste persone, ma erano le stesse persone che si incontravano per la strada, nei luoghi di lavoro, nel vicinato. A volte è capitato anche di trovarsi in certe situazioni dove scappava la battuta discriminatoria nei nostri confronti ed erano rospi che si mandavano giù ma si faceva finta di nulla per non alimentare motivi di scontro.

Nei mesi successivi ho cominciato ad allargare il giro di amicizie iniziando sul posto di lavoro con alcuni colleghi, con i coetanei del palazzo dove abitavo, con il passaparola sono anche riuscito a rintracciare altri miei coetanei provenienti sempre dalla Tunisia con la mia stessa storia alle spalle, ormai quasi tutti nonni, ancora oggi ci frequentiamo e con alcuni di questi cè un rapporto che va oltre ad una semplice amicizia, ci accomunano tante cose.

Ricordo ancora il mio primo incarico di capo filiale, quando mi sono ritrovato a dover dirigere , ero uno dei più giovani fra tutti i miei colleghi, avevo venticinque anni e non solo ma anche con il mio passato, alcuni di questi si rifiutavano di prendere ordini da me per la mia giovane età e in parte anche per la mia provenienza perchè in fondo ero un ”marocchino”, erano gli anni 1974/5, il razzismo esisteva nei nostri confronti, proprio in quella occasione ho dovuto sfoderare tutta la mia pazienza, il mio saper-fare e tutta la mia professionalità ma passo dopo passo, giorno dopo giorno sono riuscito a conquistare la loro fiducia perchè come dice quel proverbio cinese “ non sei tu che ti devi eleggere capo, ma sono gli altri che lo decidono”, non ho mai abusato dalla mia posizione per farmi valere perchè non è con l’arroganza che si conquistano le persone ma sempre con rispetto e educazione però senza mai porgere l’altra guancia in particolare quando ci si trova sul posto di lavoro. Quelle persone che mi avevano contestato all’inizio, dopo sono diventati quelli più fidati.

Negli anni, grazie all’insegnamento che ho avuto dai miei “vecchi” di rivolgermi sempre alle persone con educazione e rispetto, ho sempre trovato porte aperte a tutti i livelli e grazie anche al tipo di lavoro che svolgevo, ho conosciuto alte personalità a tutti i livelli delle istituzioni, dello sport, della vita sociale, della finanza, delle forze dell’ordine, nell’imprenditoria ecc con alcuni di questi sono nate anche delle belle amicizie, non ho mai sbattuto nessuna porta anzi sono sempre entrato in punta di piedi in qualsiasi luogo chiedendo sempre permesso prima di entrare e con gran piacere che ancora oggi, a distanza di anni incontrare alcuni di queste persone che si ricordano di me.

Alla mia integrazione penso di esserci riuscito, ho usato quei principi che mi sono state trasmesse e ne vado fiero, spero di riuscirci altrettanto bene anche io nei confronti delle nuove generazioni della famiglia perchè visto il mondo come si sta evolvendo, forse dovranno essere anche i nostri figli e nipoti a doversi integrare a casa nostra, pensare che ho lavorato una intera vita per dare loro quella serenità e tranquillità che sono mancate a me, invece… Quanta tristezza…

 

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