5° capitolo – Destinazione finale

Giunto a Bologna, mio cognato si mette subito alla ricerca del lavoro e appena trova, cerca anche la casa e con i documenti necessari per poter uscire dal Centro Profughi lettera di assunzione e contratto d’affitto, rientra a prendere con se il resto del suo nucleo famigliare che comprende mia sorella e mio nipotino. Aveva trovato lavoro presso una nota fabbrica di autobus del capoluogo emiliano, mentre la casa molto grande, in previsione di poter ospitare anche noi. Mai come in quel momento c’era tanto bisogno di unione nella famiglia “l’unione fa la forza ”.

Dopo alcuni mesi, chiede il ricongiungimento con noi, ottiene il permesso e qualche settimana dopo, io con i miei genitori, mia nonna e mia zia possiamo lasciare il Centro e raggiungerli.

Arrivati a Bologna, il giorno successivo vado a cercare un posto di lavoro senza che nessuno me l’avesse chiesto in famiglia perchè lo percepivo che in quel momento c’era bisogno anche del mio, pur se modesto contributo, non potevo certamente permettermi andare a scuola ad imparare la lingua italiana e proseguire negli studi. Fino ad allora la mia lingua madre era stata il francese, nelle famiglie della nostra comunità si parlava un dialetto siculo-arabo-francese. (miscuglio di lingue, siciliano- arabo-francese) ma in alcune anche la lingua italiana…… l’arabo si parlava in strada con gli amici musulmani.

Quei primi mesi non sono stati facili per nessuno, di entrate poche, lo stipendio di mio cognato e dopo qualche settimana anche il mio, anche se molto modesto ma sempre importante, ma purtroppo per mio padre non è stato subito facile avendo già una certa età in quegli anni, aveva cinquantuno anni però con tutto quello che aveva subìto da parte di quella “brava” gente, aveva riportato grossi danni alla salute, in primis il cuore.

Arrivati in questa città non è stato tutto rose e fiori, erano i primi anni sessanta, veniamo accolti da qualcuno bene ma anche da qualcun’altro male, ci accusavano “siete venuti a portarci via il lavoro”, altri ci guardavano dall’alto al basso chiamandoci “marocchini” per la nostra provenienza dall’Africa, ma negli anni successivi siamo riusciti con la nostra serietà, laboriosità e onestà a riconquistare per primi, proprio quelle persone che ci avevano offesi al nostro arrivo…

 

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4 Risposte a “5° capitolo – Destinazione finale”

  1. Vedi Beppe, quello che fa male al cuore è sentirsi considerato straniero nel proprio paese, nella madrepatria. Ma come dici tu : “con l’onestà, il lavoro, l’intelligenza, alla lunga la gente poi capisce quello che sei in realtà.
    Vedo che sei stato capace di aiutare la tua famiglia e di dare l’esempio dell’ amore filiale anche da piccolo. Ti ammiro.
    Adriano.

    1. In quella situazione anche se molto giovane, io come tanti altri siamo dovuti diventare adulti molto presto, ma nel frattempo la vita ci ha anche forgiato in una certa maniera.

  2. Quello che è terribile quando si arriva in un paese, e quando questo paese è la tua Patria, è di vedersi considerato come straniero. Per fortuna tu, con il tuo lavoro, la tua onestà, il tuo modo di vivere, hai saputo farti apprezzare da tutti.
    Ti ammiro.
    Adriano

    1. caro Adrien detto da Te persona che ritengo saggia oltre che autorevole, mi onora, grazie.

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