2° capitolo – Gli ultimi anni in Tunisia

 

La Tunisia era un protettorato francese. Un paese dove tutti i suoi abitanti tra i quali una grande percentuale di stranieri oltre ai tunisini, fatta da francesi, ebrei, italiani, maltesi, inglesi, algerini, marocchini ecc già alla seconda generazione. si conviveva tutti molto bene, senza nessun distinzione tra le varie etnie essi fossero musulmani, cristiani,ebrei ecc. mai nessun scontro fra loro per motivi di natura politica o religiosa.

cattedrale di Tunisi

Cattedrale cattolica di San Vincenzo de’ Paoli a Tunisi ,chiesa madre della medesima arcidiocesi.

A metà anni cinquanta , dopo una “guerra” interna dei locali ( fellagah= combattenti per l’indipendenza) durata un paio di anni fatta di terrorismo e attentati vari nei confronti dei francesi e di certi occidentali, ritenuti collaborazionisti dei francesi, per loro oppressori, i tunisini riescono ad ottenere dalla Francia nel 1956 l’indipendenza e dichiarata Republica nel 1957.

Ottenuta l’indipendenza, i nuovi “governanti”iniziano a prendere provvedimenti nei confronti di noi occidentali e di tutta l’erba ne fanno un fascio non distinguendo i francesi che fino ad allora avevano governato il paese, ma anche nei confronti di noi italiani come anche tutti gli altri cittadini stranieri che avevamo con il nostro lavoro, collaborato e non poco alla costruzione di quel paese. La nostra comunità, quella italiana, contava oltre centomila persone.

Con un provvedimento che io preferirei definire un “stratagemma” tutto loro , a mio padre, vengono “tolti” tutti i beni. Per primi, i terreni.

Il “prefetto” (del neo destour-partito di governo) della zona, un giorno lo convoca e pretende da lui una somma abbastanza elevata a titolo di “affitto” regresso, calcolato da fin dall’inizio dell’attività, per lo sfruttamento del suolo tunisino, di tutti i terreni , che in verità erano stati acquistati a suo tempo da mio nonno a fine 800, fino al 1957, e concede, “bontà”sua, la rateazione della cifra calcolata su parametri fatti sempre dallo stesso, tutti personali ma si capiva quali erano le sue vere intenzioni, metterci in difficoltà il più possibile per noi mollare tutto.

Le rate avranno scadenza settimanale e viene minacciato che alla prima inadempienza, rischierà la prigione oltre al ritiro del passaporto.

Di fronte a tale prospettiva, a mio padre non rimane che mettere in vendita tutti i beni, dobbiamo racimolare il più possibile per fare fronte alla somma richiesta e almeno salvare il salvabile perchè di questo si tratta.

Dopo averne tentato la vendita , riusciamo a svendere, anzi no, quasi regalare e in parte anche in beneficenza.

Ci viene proposto se vogliamo mantenere quel poco rimasto e alcuni diritti, di prendere la nazionalità tunisina. Ma di fronte a questa ultima prospettiva non ci resta che fare rientro in Italia. Con la loro “diplomazia”, i nuovi governanti, non ci hanno cacciati ma messi nelle condizioni di andarcene.

Il nostro “passato” da fine 800 al 1960 si riduce tutto ad uno paio di valigie e due bauli, è con queste “quattro” cose, che alle ore 17 di mercoledi 3 febbraio 1960 , con un biglietto rilasciatoci dal consolato italiano di Tunisi, di sola andata, veniamo imbarcati su una nave con destinazione Italia

Leggi il capitolo 3°. Torna invece al capitolo 1° se ancora non l’hai letto.

 

4 Risposte a “2° capitolo – Gli ultimi anni in Tunisia”

  1. La Tunisia, come la Libia e la Jugoslavia di Tito, hanno ripagato il lavoro ed i sacrifici dei nostri connazionali derubandoli senza pudore.

    1. ma forse perchè gli italiani all’estero non hanno mai avuto alle spalle uno Stato che si preoccupasse per loro, anzi quelle poche volte che sono venuti politici italiani in quel paese lo facevano solo per buttare fumo agli occhi della gente, nel nostro caso fu Fanfani l’ultimo politico a venire e si dice che aveva assicurato di stare tranquilli che per noi non sarebbe cambiato nulla e invece dopo la sua partenza, le cose cambiarono, vatti a fidare..

  2. I miei cugini sono nati a Sousse e a Tunisi, figli d’italiani i miei zii da anni avevano una società di trasporti pubblici, avevano cominciato con niente e poi pian piano avevano formato una bella azienda, tutti autisti del posto ben pagati insomma vivevano e facevano vivere bene, poi accadde quello che hai descritto tu, costretti a vendere tutto ma ancora avevano dato la possibilità di restare ma l’azienda diventava tunisina……qualche perplessità restava ancora i francesi erano quelli più odiati, la decisione finale di rientrare fu l’uccisione di una ragazza francese incinta e trascinata per strada con il ventre squartato. Si imbarcarono ma all’arrivo nel porto di Napoli avevano solo addosso gli abiti che indossavano, perché mentre caricavano da una parte i pochi bagagli, i tunisini li scaricavano dall’altra, in pratica la stiva era vuota. questo mi fu raccontato dai miei zii io all’epoca avevo solo 12 anni e tante cose non le capivo.

  3. per quanto riguarda i bagagli , alla mia famiglia invece è accaduto un fatto diverso, durante le operazioni di scarico nel porto di Napoli, una delle fune della gru che veniva usata per lo scarico dei bagagli, ha ceduto, mandando in acqua tutto il contenuto della rete. In quella rete vi era anche uno dei due nostri bauli e il suo contenuto andò a finire in acqua …

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